foto di Carlo Bergonzoni
mercoledì 27 giugno 2012
sabato 23 giugno 2012
venerdì 22 giugno 2012
Il Premio Ravasio a Paolo Sette
Burattini e un tocco di poesia
L’artista milanese ha presentato a Bonate Sotto
Burattini e un tocco di poesia
L’artista milanese ha presentato a Bonate Sotto
«L’anatra e la morte» di Wolf Erlbruch.
Storia forte e insolita, portata in scena con delicata leggerezza:
Storia forte e insolita, portata in scena con delicata leggerezza:
il pubblico applaude.
PIER GIORGIO NOSARI
PIER GIORGIO NOSARI
La
pioggia rovina la festa, nel cui contesto Bonate Sotto ospita il Premio
Benedetto Ravasio.
Ma
non ferma la 14ª edizione del Premio, che la Fondazione Ravasio assegna dal
1998 a una compagnia o artista giovane: così sabato sera il teatro
dell’oratorio di Bonate ha presentato al pubblico Paolo Sette, trentenne milanese
di belle speranze e discreta realtà, con il suo L’anatra
e la morte,
tratto dal libro illustrato per l’infanzia L’anatra, la morte e il
tulipano di
Wolf Erlbruch.
È
una bella scommessa, per più di un motivo. Ed è un buon segno che il pubblico
l’abbia accettata come tale.
Il
bello dei giovani sta nei rischi che sono disposti a prendersi, e nelle
infrazioni al galateo che sono pronti a concedersi. Nella sua poetica
delicatezza, L’anatra
e la morte si
permette di ignorare un bel po’ delle convenienze teatrali degli ultimi anni: si
permette di parlare di morte e cerca di farlo per un pubblico di bambini, con
tutta l’attenzione del caso ma senza le tante rimozioni e i falsi pudori dei
nostri anni; anziché attingere alle solite fiabe, segue la traccia di un disegnatore
e scrittore per l’infanzia come Erlbruch, con ciò dimostrando buon gusto e
curiosità per i terreni contigui dell’illustrazione; confeziona uno spettacolo
da poco più di mezz’ora, un formato poco vendibile sul mercato; sceglie un
ritmo e un andamento tutto pause e silenzi, lontanissimi dagli scatenamenti consueti
della «piazza». Il risultato è quanto meno promettente.
Questa
è una vicenda di struggente poesia: è la storia – che Erlbruch immagina con
evidenti riferimenti alla medievale Danza della Morte – di un’anatra e del suo
incontro con la propria morte.
Meglio:
questa è la storia di Anatra e di come questa riesca ad accettare la presenza
di Morte, a giocarci insieme e persino a stringere un’amicizia profonda, ancorché
fragile e malinconica.
L’allegoria
della vita è trasparente, e così la lezione esistenziale che sottintende: senza
grandi discorsi.
Sette
tratta questa sua materia in modo asciutto, senz’altra retorica che uno
studiato uso della pausa e del silenzio, come equivalente del bianco della
pagina scritta o illustrata.
Erlbruch
ha più successo nell’evocare i molteplici livelli della narrazione: la favola morale
con animali, l’allegorismo di origine medievale, la sensibilità esistenzialista
moderna. Ma Sette riesce comunque a condurre fino in fondo il suo spettacolo,
che allude a temi come il destino, un’umanità definita dalla fragilità, la
fondamentale ironia dell’esistenza.
È
importante che il teatro di figura e il teatro-ragazzi si permettano ancora di
toccare e trattare soggetti, temi e motivi
di
questo genere. Negli ultimi anni assistiamo a un perbenismo di ritorno,
edulcorato e cieco, che pretenderebbe di isolare l’infanzia dalla realtà: e
pazienza, poi, se la realtà del nostro Paese è tutto fuorché pensata a misura di
bambino. Uno spettacolo e un premio non invertono la tendenza, ma dicono che la
guerra non è ancora finita.
L’ECO
DI BERGAMO
LUNEDÌ
5 SETTEMBRE 2011 ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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